Semi-citando Schopenhauer, potremmo dire che la vita umana è come un pendolo che oscilla da un’emozione a un’altra. Infatti, provare emozioni è tipico degli esseri umani e il viso è la parte più espressiva del nostro corpo.

Nel corso degli anni i professionisti si sono chiesti se gli uomini, nonostante culture e provenienze diverse, esprimano le medesime emozioni allo stesso modo.

Negli anni ’50 e ’60 c’erano due correnti di pensiero con una visione diametralmente opposta:

  • i professionisti nel campo della biologia, della psicologia o della genetica comportamentale sostenevano che le nostre espressioni facciali fossero predeterminate e quindi parte del nostro bagaglio culturale e genetico;
  • alcuni sociologi, antropologi e anche psicologi affermavano che l’espressione facciale venisse determinata dalla cultura.

Paul Ekman, psicologo statunitense, cercò di trovare un punto di contatto tra queste due correnti, dichiarando che nelle espressioni facciali gioca un ruolo sia la biologia sia la cultura.

Nel 1967 e nel 1968, Ekman si recò in Papua Nuova Guinea per studiare il comportamento non verbale del popolo Fore (tribù isolata dal mondo civilizzato). Questa sua ricerca fornì prove valide e attendibili circa l’esattezza delle ipotesi di Darwin, il quale considerava le espressioni facciali connesse alle emozioni primarie come universali.

Infatti, Ekman sostenne che ci sono espressioni facciali di base uguali in tutti gli individui in tutte le culture (collegate alle cosiddette emozioni primarie), ma queste espressioni genuine vanno incontro ad alterazioni e modifiche in base al contesto culturale.

Credit: Emotiva.it

Le emozioni primarie, quindi, sono quelle che ogni uomo, nonostante l’etnia e la cultura, prova ed esprime in maniera universale. Queste sono:

  • rabbia,
  • paura,
  • tristezza,
  • gioia,
  • sorpresa,
  • disgusto,
  • disprezzo.


Su Afroditelo, però, ci piace collegare più argomenti e spiegare concetti attraverso l’arte. Ecco che quindi, cercheremo di vedere insieme e definire queste emozioni primarie attraverso dei quadri o dei pezzi d’arte.

L’arte può diventare metafora del proprio stato interiore, rappresentazione simbolica delle proprie emozioni che, in tal modo, vengono esternate, oggettivate. L’opera d’arte permette di dare ad ogni emozione una forma, un colore, una figura. La familiarità con l’arte diventa familiarità con le proprie emozioni, e, come all’interno di un quadro, queste possono essere rivalutate, analizzate ed interpretate.

Marco Dallari ne “il concetto di simbolo” esamina il potere del simbolo e di come abituare i bambini a osservare, interpretare e rielaborare rappresentazioni simboliche di violenza, ad esempio, consentirà di sviluppare un atteggiamento critico e di analisi anche di fronte alla violenza effettiva, non lasciandosi quindi trasportare da essa perché non la si comprende e non si sa come gestirla diversamente.

Rabbia

La rabbia è generata dalla frustrazione. Si può manifestare attraverso l’aggressività.

credit: elledecor.com

Artemisia Gentileschi rappresenta con brutalità la vicenda di Giuditta e Oloferne (1620). La Rabbia e la violenza che emergono dal dipinto non sono solo quelle provate del soggetto raffigurato, ma anche quelle della sua autrice, in quanto vittima di un episodio di violenza.

Paura

La paura è un’emozione dominata dall’istinto di sopravvivenza del soggetto ad una situazione pericolosa.

credit: auralcrave.com

La Quinta del Sordo raccoglie le ultime opere pittoriche di Francisco Goya, le cosiddette Pitture Nere (1818-1823). L’artista rappresenta il terrore che lo ha travolto nei suoi ultimi anni di vita, ormai sordo e solo. La pittura diventa un modo per esorcizzare le sue paure, sfoga con violenza le sue emozioni direttamente sulle pareti della sua abitazione.

Forse però il dettaglio che più lo rappresenta in questi ultimi gravosi anni, rimane El Perro. Il cane impaurito sarebbe il pittore stesso. Goya è stato infatti testimone delle barbarie dell’invasione napoleonica: carestia, povertà, crudeltà segnano quegli anni.

credit: sandrofrera.blog

Tristezza

La tristezza si crea a seguito di una perdita o a causa di uno scopo non raggiunto.

credit: tripadvisor.com

Celebre è l’intensità drammatica che sprigiona il Compianto su Cristo Morto (1463-1490) di Niccolò dell’Arca. La tristezza e il dolore che sfigurano i volti dei personaggi che hanno perso ogni compostezza e fanno emergere un’emozione pura e travolgente. 

Pochi sono gli artisti che riescono, a distanza di secoli, a coinvolgere emotivamente ogni visitatore.

Gioia

La gioia è lo stato d’animo positivo di chi si ritiene soddisfatto.

credit: wikipedia.org

Auguste Renoir è definito il pittore della “joie de vivre”, il più gioioso tra gli impressionisti, e ciò traspare in tutti i suoi dipinti, come ad esempio Bal au moulin de la Galette (1876). Nel quadro è raffigurata una brulicante folla danzante che trasmette senza dubbio spensieratezza e felicità, anche grazie all’uso dei colori brillanti e vivaci.

Sorpresa

La sorpresa si origina da un evento inaspettato, seguito da paura o gioia.

credit: artepiu.info

La straordinaria abilità espressiva di Caravaggio è ben nota, in particolare in Ragazzo morso da un ramarro (1593) dove il volto del giovane rivela quel moto di sorpresa causata dall’inaspettato morso dell’animale e a seguire, con un realismo drammatico, emerge il dolore fisico, evidente dalla bocca spalancata come gli occhi.

Disgusto

Il disgusto è una risposta repulsiva.

credit: unosguardoalcielo.com

“C’è un enorme mucchio di ossa, che per tutta la durata della performance sto seduta a lavare. Era estate a Venezia, faceva molto, molto caldo e dopo pochi giorni già cominciavano a uscire vermi dalle ossa. E l’odore era insopportabile.”

Le parole di Marina Abramovic sulla sua opera Balkan Baroque, presentata alla Biennale di Venezia nel ‘97, non sono sufficienti a comprendere il peso della sua azione artistica. Solo chi ha vissuto la performance dal vivo può capire l’effettivo effetto di disgusto che la stessa performer intendeva provocare, un disgusto fisico che potesse scuotere le coscienze.

Disprezzo

Il disprezzo è un sentimento e atteggiamento di mancanza di stima e disdegnato rifiuto verso persone o cose.

credit: wikipedia.org

I pilastri della società (1926) realizzato da George Grosz, rappresenta disprezzo verso la società del dopoguerra, un pesante attacco nei confronti degli intellettuali, della stampa e della magistratura della Germania dell’epoca. Una pittura apparentemente satirica ma che rivela una profonda critica morale. L’artista fu, infatti, più volte denunciato, le sue opere vennero esposte nel 1937 all’interno della mostra dell’arte degenerata promossa da Hitler, cosa che costrinse l’artista all’esilio.

– Sara & Sveva

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