Quella di oggi è stata una giornata un po’ così. Cominciata un po’ male perché, a causa di un imprevisto, il piano della mia giornata è saltato. A un tratto s’è fatta frenetica; in fine malinconica, a causa della partenza della mia famiglia che dal Venezuela era venuta a farmi visita.
Avevo bisogno di qualcosa che riuscisse a tirarmi su. Avevo bisogno di qualcosa che riuscisse a connettermi con la mia casa e le mie radici. Avevo bisogno di buona musica. E l’ho trovata nell’album Brooklyn Cumaná.
Il prodotto di una lunga amicizia
Come tanti altri esemplari nella storia della musica, anche Brooklyn Cumanà è un album composto da due grandiosi musicisti che, per caso, sono diventati amici di lunga data: il californiano Sam Reider e il venezuelano Jorge Glem. I due si conobbero a New York, in occasione di una festa di venezuelani, alla quale Reider andò su invito di un amico. Secondo quanto egli stesso racconta nel piccolo concerto per Tiny Desk, a quella festa egli rimase impressionato dalla velocità delle mani di Glem mentre suonava.
Penso che la sorpresa sia andata ben oltre, perché Glem non è solo “the man with the fastest hands I know” , come dice Reider. Con il suo cuatro Glem fa magie! Riesce perfino a estrapolare suoni che richiamano quelli di altri strumenti, anche quelli di un tamburo!
Il cuatro
Il caldo e armonioso suono della fisarmonica di Reider si sposano benissimo con quello del cuatro. Ma hey, un attimo. Ora mi rendo conto che probabilmente non sapete ancora che cosa sia questo strumento! Ve lo spiego subito!
A metà tra un ukulele e una chitarra in termini di grandezza, il cuatro è uno strumento assai leggero con solo quattro corde (da qui il nome) ed è tipico della musica popolare venezuelana. Infatti, non c’è alcuna canzone folcloristica che non abbia come accompagnamento il suono del cuatro.
La natura dell’album
Brooklyn Cumanà nasce dal confronto tra due culture che fino a quel momento sapevano poco l’uno dell’altra. Sei anni ci sono voluti prima di vedere i risultati di questo dialogo, sei anni di sperimentazione e tanto divertimento. Il risultato è fenomenale: un album con undici bellissimi brani, quasi tutti strumentali e quasi tutti allegri. A parte “Malagueña Cumanesa” e “Amarilis” -che sono nostalgica, la prima, e romantica la seconda-, il resto delle canzoni rappresenta una mésse di perfetti esemplari di quella confusione armoniosa che è il jazz. Un jazz moderno che, però, si rifà alla tradizione americana e la reinventa, divertendo chi l’ascolta.
Le mie canzoni preferite sono in assoluto Skeleton Rag e la preziosa Malagueña Cumanesa, nella quale mi identifico parecchio. Tutte però, sono molto belle. Potete averne un assaggio andando ad ascoltarvi l’esibizione che Reider e Glem hanno fatto per Tiny Desk, oppure potete andare direttamente ad ascoltare l’album. Io vi aspetto qui, ansiosa di leggere nei commenti la canzone vi è piaciuta di più.
-AK.
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