Quella sera il paradosso storico si offre nella sua essenza: uno spettacolo, l’arte, la celebrazione di una nuova anima si insinuano tra le feritoie di uno dei primi esempi di architettura militare di fine Ottocento. Gli spigoli dell’esigenza e dell’efficienza strategica vengono smussati dalla morbidezza della condivisione del racconto. Probabilmente tante altre storie sono state sussurrate tra le mura del forte di Cadine, storie di partenze, di paure, storie di attesa e di aspettative. Storie di una leggerezza perduta, di una consapevolezza forzata, di mutazioni. Storie di svezzamenti.
La sera del 3 agosto è però il turno di Maria Vittoria Barella di raccontare la sua storia, e per farlo sceglie il teatro, diventando la protagonista dello spettacolo COMPARTIMOS, un sogno chiamato Argentina. Solo lei, un microfono, un pubblico seduto sul prato, una chitarra e il suo chitarrista, un faro che delimita con luci e ombre il palco. In questa cornice suggestiva che è la Valle dei Laghi, appena fuori dal varco del forte di Cadine, le auto superano i limiti, il torrente segue il suo tempo, mentre all’interno delle mura le persone attendono l’inizio del racconto.
Lo spettacolo è una condivisione in divenire, è la restituzione di un viaggio, di un tentativo di dis-immobilizzazione. Maria Vittoria partecipa nel 2019 all’edizione degli interscambi giovanili della Trentini nel mondo, associazione dedita al mantenimento dei legami tra il Trentino e l’eredità di quelli che, a fine ‘800, il Trentino l’hanno dovuto lasciare per un decantato futuro più verde, rivelatosi poi in realtà molto più arido: un connubio tra memoria e aspettative.
In quell’estate del 2019 Maria Vittoria ospita una ragazza argentina, che andrà a trovare solo 3 anni dopo, causa forze (sanitarie) maggiori.
E così come lei, tanti altri giovani hanno deciso per scelta, e non più per necessità, di mettersi alla ricerca di un qualcosa in più; motivazioni diverse, che hanno come filo conduttore la curiosità declinata in tutte le sue forme.
Un progetto basato anch’esso su un paradosso: a distanza di più di 100 anni si fa rotta verso destinazioni simili, spinti però da motivi diversi. Un concatenarsi di cause, aspettative, bisogni e desideri. Il privilegio imparagonabile di poter scegliere di partire, e non il dovere.
Il 3 agosto, al forte di Cadine, tra il pubblico c’erano infatti anche i partecipanti dello scambio di quest’anno, arrivato ormai alla ventitreesima edizione. 15 trentini che hanno ospitato 15 oriundi, distanti migliaia di chilometri da casa loro, alla scoperta delle valli e dei paesi di origine di parenti lontani. Uno spiraglio di elettrizzante speranza filtrava tra la stanchezza e la soddisfazione di quei trenta ragazzi, illuminando i loro volti: si concludeva così la prima parte del progetto, mentre la seconda attenderà l’inizio dell’anno nuovo per il suo avvio. La restituzione dell’ospitalità e, chi lo sa, il continuo dei legami li attende dietro l’angolo.
Nel giro di due settimane, i partecipanti sono stati scaraventati fuori dalla loro zona di comfort, un riscaldamento per quel ring di emozioni che aspetterà i ragazzi trentini una volta lontani dalle montagne di case, girovaghi nei paese d’origine dei rispettivi partner. Che siano questi l’Argentina, l’Australia, gli Stati Uniti, il Cile o il Messico.
E Maria Vittoria questo lo sa bene, e non vuole tenerlo solo per sé. Intervistata da Maura Pettorrusso, ha reso visibili contorsioni di pensieri vissuti da tutti quelli che sono passati tra le briglie dell’associazione. “In Trentino, a casa, ho 30 anni. Qui in Argentina sono appena nata, ho giusto qualche ora. Devo imparare tutto.”
Inizia così il diario di quel viaggio verso un luogo geograficamente distante, ma emotivamente vicino. Nell’ora successiva, solo grazie alla sua voce, a qualche cambio di abito e alle note di una chitarra classica, Maria Vittoria srotola il filo degli eventi e delle diverse atmosfere incontrate girovagando per l’Argentina.
“Rimparare a respirare”, come dice lei, lasciarsi mettere in discussione: che sia questo un modus operandi per la vita di tutti i giorni, anche al supermercato, e non solo quando si prende un aereo per mettere chilometri di distanza con la quotidianità.
Anna
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