Buongiornissimo, poesia? ☕️
Si è tornato a parlare della chiusura delle scuole.
D’altronde, Ia situazione sta nuovamente sfuggendo di mano: i contagi subiscono un vertiginoso aumento, continuano ad esserci problemi con i vaccini. Non si può fare altrimenti, dunque, bisogna proprio che si intervenga sulle scuole. Non è mia competenza giudicare se si tratti di una scelta corretta o meno. Non ho nessun desiderio di aggiungermi alla lunga lista di tuttologi che sputa sentenze come se avesse in mano il dominio della conoscenza. Mi limiterò a dire che è una situazione triste, perché la scuola è fondamentale.
Fondamentale per la cultura, ma anche per i rapporti umani. La scuola è frustrazione, compiti, verifiche, ansia e paura, ma è anche crescita personale, luogo di scoperta, luogo d’incontro e di mille occasioni.
La scuola è terreno fertile che permette ai fiori di sbocciare e prosperare, a discapito di tutte le possibili avversità meteorologiche.
Oggi voglio celebrare la scuola, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti.
E per farlo mi avvalgo di un classico di fama enorme e di rara bellezza, che ha segnato – e, fortunatamente, continua a segnare – la storia di ogni studente italiano.
L’infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
Quante sere abbiamo passato a ripetere a macchinetta la biografia di Leopardi sperando di non essere interrogati?
Quante volte gli abbiamo – superficialmente – dato del depresso senza prenderci la briga di cercare di empatizzare con il poeta recanatese?
Quanti sbuffi e imprecazioni nel memorizzare i – temutissimi –15 endecasillabi sciolti che compongono questa lirica?
A pensarci, mi spunta un sorriso nostalgico.
I Canti di Giacomo Leopardi sono una delle raccolte più belle della poesia italiana. Malinconici, certo. Ma contengono anche una forma di amore e di purezza assolutamente rara. È un’opera che mi riempie d’orgoglio – anche se anch’io, come tanti studenti, ho passato anni a storcere il naso, ignorando quanto mi avrebbero lasciato.
Scritto tra il 1818 e il 1819, L’infinito è un tripudio di emozioni diverse, aspirazioni, desideri, esaltazione dei sensi. Il poeta osserva strabiliato il panorama che si trova davanti, e rimane incantato dall’infinito. È una dichiarazione d’amore verso la natura, la vita, il mondo che ci circonda. È un idillio travolgente, che trasmette la serenità e la tenerezza di un momento di stupore, meraviglia, gratitudine. Il poeta immagina, oltrepassa i limiti imposti dalla vista, cerca di guardare al di là delle apparenze. E non c’è niente di triste o di “depresso” (come molti erroneamente pensano): al contrario, è un momento di pace e felicità.
Mi auguro che presto tutti gli studenti possano tornare stabilmente tra i banchi di scuola per scoprire ed interiorizzare il più possibile. Nel momento in cui saranno obbligati a studiare, probabilmente non riusciranno a capirlo…ma l’istruzione –purtroppo– è un gran privilegio, e quello che imparano li rende più umani – e quindi, li rende più forti.
A venerdì prossimo!
–M.
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