Buongiornissimo, poesia? ☕️
Abbiamo perso il nostro centro di gravità permanente.
“Il Maestro è andato via”.
Da quando si è spento, anche la musica leggerissima di Colapesce e Dimartino ha assunto una connotazione più grave, più triste. Il Maestro è partito per un nuovo viaggio, lasciandoci in eredità un bagaglio stracolmo della più pregiata forma di poesia in musica.
Battiato era una persona privata e taciturna, dall’umorismo timido e brillante e, soprattutto, un uomo di grande cultura. Voglio ricordarlo oggi attraverso la canzone che più, secondo me, enfatizza e rappresenta queste sue caratteristiche. E voglio che sia la sua musica a parlare per lui – come, del resto, ha sempre fatto:
MOMENTO ALBERTO ANGELA:
Era il 1857 quando, a Parigi, comparvero le prime copie dei controversi Fleurs du Mal di Charles Baudelaire. Tra le chiacchierate poesie vi è anche L’invito al Viaggio, componimento dall’alto contenuto metaforico in cui Baudelaire si rivolge alla donna amata descrivendo accuratamente il suo desiderio di fuggire dal mondo dei sensi e viaggiare in un mondo che non lo faccia sentire un estraneo. Nel 1999, compare nell’album Fleurs di Franco Battiato una riscrittura della poesia di Baudelaire, con testo del filosofo Manlio Sgalambro e musica di Franco Battiato.
A quasi 150 anni di distanza, dunque, i versi del simbolista francese trovano una voce nuova, che permette al grande pubblico di conoscere reinterpretare sotto una nuova luce un capolavoro che rischiava di rimanere segnato dall’elitismo letterario.
Vi lascio una traduzione della celebre poesia di Baudelaire:
L’invito al viaggio (C. Bauldelaire)
Bimba, sorella mia,
che cara fantasia,
pensa, potercene laggiù fuggire!
Là dove a meraviglia
tutto ti rassomiglia,
amare e vivere,
amare e morire!
Da quegli ombrosi cieli
un sole, se trapeli
madido, sparge un misterioso incanto
che mi prende la mente,
come perfidamente
gli occhi tuoi quando brillano nel pianto.
Tutto laggiù è ordine e beltà,
magnificenza, quiete e voluttà.
Mobili, fatti lustri
da un lungo uso di lustri,
adornerebbero la nostra stanza;
s’unirebbe l’odore
d’ogni più raro fiore
dell’ambra alla volubile fragranza;
le ricche volte, gli ampi
specchi dai mille lampi
lo splendor della vita orientale,
parlerebbe ogni cosa
all’anima curiosa
la dolce arcana sua lingua natale.
Tutto laggiù è ordine e beltà,
magnificenza, quiete e voluttà.
Guarda su quei canali
piegare al sonno l’ali
i velieri dall’estro vagabondo:
non sai? per farti pago
il cuore in ogni svago
sono venuti qui di capo al mondo.
I dorati tramonti
accendon gli orizzonti,
le campagne, i canali, la città,
d’un lume di giacinto;
s’assonna il mondo vinto
in una calda luminosità.
Tutto laggiù è ordine e beltà,
magnificenza, quiete e voluttà.
Caro Maestro, ad ascoltare le tue canzoni e, soprattutto, a leggerne i testi, mi viene sempre la pelle d’oca.
Proprio oggi, in treno, stavo ascoltando la tua versione de La canzone dei vecchi amanti. Mi sono commossa.
Che regalo immenso ci hai fatto.
Mi auguro solo che la mia generazione e quelle che verranno abbiano cura di mantenere in vita la tua arte.
Voglio immaginarti in Alexander Platz mentre danzi come le zingare nel deserto, sventolando una bandiera bianca e intonando “cuccuruccucu paloma”.
Buon viaggio.
A venerdì prossimo!
–M.
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