Carlos Ruiz Zafòn è stato uno scrittore di narrativa spagnolo, conosciuto sopratutto perché i suoi racconti permettono di intraprendere un meraviglioso viaggio tra i libri. Si tratta della serie Il cimitero dei libri dimenticati, che racconta vite, viaggi e intrecci dei protagonisti (con qualche accenno vagamente storico). Tutto ruota attorno a Barcellona e, in qualche modo, uno o più libri definiscono lo svolgimento del racconto e delle vite dei protagonisti. Si tratta di una saga che esalta la passione per la letteratura: il senso comune di perdersi tra pagine di carta e godersi viaggi e misteri eterni rimanendo fisicamente fermi. Un viaggio composto da quattro libri, che corrispondono a quattro tappe.

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La prima tappa è L’ombra del vento, la cui storia si sviluppa tra le strade degli anni ’40 di Barcellona. Ha reso Zafòn famoso perché è scritto con uno stile narrativo unico spostandosi tra libri e magia. È in grado di fare invidia alle librerie più suggestive invidiate dagli amanti della lettura. Io stessa l’ho letteralmente divorato, proprio come il protagonista del racconto (eh no, niente spoiler). Nella mia testa riuscivo a visualizzare una scena dopo l’altra e quando veniva aggiunto un dettaglio mi trovavo di fronte a un bivio: la mia immagine mentale non corrispondeva alla descrizione che mi trovavo davanti, che spesso era così coinvolgente da farmi modificare la mia interpretazione. Direi che questo descrive bene quanto mi abbia coinvolta.

La seconda tappa è Il gioco dell’angelo, a cui fa da sfondo la Barcellona degli anni ’20. Fin dall’inizio mi ha coinvolta meno del precedente, ma riuscivo ancora a perdermi per pagine e pagine tra le strade spagnole, rendendomi impaziente di capire come gli anni ’20 condizionassero le vite dei protagonisti del primo libro.

Per poter avere qualche risposta, e sopratutto molte più domande, agli interrogativi lasciati aperti nei primi due episodi, occorre passare alla terza tappa: Il prigioniero del cielo. Il racconto si sviluppa nella più recente Barcellona degli anni ’50 che, ancora ferita dalla guerra, ricorda con molto dolore i lati oscuri del regime franchista. Lo stile narrativo comincia a farsi più cupo e ricco di colpi di scena, per chiudersi con altri dubbi sul destino dei nostri protagonisti.

Nella quarta e ultima tappa della saga, costituita da Il labirinto degli spiriti, i fan della collana troveranno delle risposte? Per scoprirlo dovranno addentrarsi nel racconto più cupo e intrecciato della serie, camminare per le strade della Barcellona degli ultimi anni ’50, e diventare essi stessi dei detective. Lo stile narrativo è molto diverso dal primo libro: dove i protagonisti principali erano fascino e coinvolgimento, vengono messi invece dolore e mistero. Cosa ne sarà della oramai nostra Barcellona e, sopratutto, dei nostri protagonisti?

Immagino abbiate intuito che il libro che ho preferito è il primo. Proprio su questo voglio fare un ragionamento con voi. Perché (spesso) più una saga letteraria va avanti e meno coinvolge? Perché il fascino e il coinvolgimento, nella maggior parte dei casi, vanno scemando? Davvero chi dà vita alle diverse tappe è responsabile di ciò? O c’è forse altro a farci dare questa interpretazione? Ecco, il mio dubbio è proprio questo. Forse, i primi volumi sono più avvincenti anche (o proprio) in quanto tali: perché ci raccontano una storia completamente nuova, perché danno vita al mistero. Forse è proprio il fatto che il primo libro dia le fondamenta per i successivi a renderlo così speciale.

Voi cosa ne pensate? È così, o si verifica oggettivamente un cambio di qualità tra i primi e gli ultimi volumi? Io la mia risposta la so, ma rimango in attesa di conoscere le vostre!

Ps: se vi piace il tema del viaggio provate a dare un’occhiata qui!

Francesca

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