L’ESORDIO CINEMATOGRAFICO DI CAROLINA CAVALLI
Vincitrice del Premio Solinas per la scrittura di serie televisive, co-sceneggiatrice del film Fremont (2022), co-autrice della serie Netflix Zero (2021), e ora sceneggiatrice e regista di Amanda, opera presentata nella sezione Orizzonti Extra della 79ª Mostra del Cinema di Venezia e unico film italiano in concorso al Toronto International Film Festival 2022.
Lungo curriculum per grande talento, quello di Carolina Cavalli, trentunenne esordiente regista – ma anche esordiente scrittrice con Metropolitania, romanzo uscito per Fandango Libri lo scorso settembre – che proprio con il suo piccolo miracolo di nome Amanda è riuscita a conquistare cuori e menti di tutti i frequentatori della laguna con una storia tanto brillante quanto sagace e contemporaneo è il personaggio cui ha saputo dare vita con le sue parole.

credits I Wonder Pictures
LA TRAMA
Amanda è una venticinquenne proveniente da una famiglia «ricca e liberale», ha vissuto a Parigi, va spesso al cinema e i suoi genitori pagano l’affitto del suo appartamento. Amanda, però, non ha amici e non ricorda di averne mai avuti. Si comporta da ribelle, la sua bocca non sembra conoscere alcun filtro e si aggira quotidianamente per le strade della sua città alla ricerca di rave abusivi, ai quali prende parte col solo scopo di conoscere nuove persone. Quando riprende i contatti con una sua vecchia compagna di classe delle elementari, si convince di poterla persuadere a diventare la sua migliore amica, ma il percorso di conoscenza tra le due giovani adulte in un mondo di relazioni così complesse si rivelerà più complicato del previsto…

credits MyMovies
REALE, TROPPO REALE
Più complessa e stratificata di quanto non appaia è anche la struttura dell’opera di Carolina Cavalli, che con Amanda imposta il racconto poggiandolo sui cliché delle coming of age stories, salvo poi allontanarsi da quel genere grazie a espedienti narrativi tutt’altro che banali: adulta irrisolta, ma ancora in piena fase da ribellione adolescenziale, Amanda costruisce i suoi discorsi attorno a una sagace sarcasmo, ironizzando sulla sua classe sociale e sulle sue insulse regole da un lato, mentre dall’altro si crogiola con un certa autoindulgenza nel suo stato di immobilità; un pantano mentale ed esistenziale che spesso diventa scudo, difesa dalle sfide imposte da una vita fin troppo dura e reale per essere tollerata. Isolamento, incapacità relazionale, impossibilità di vivere secondo le etichette sono il risultato di una società contemporanea schizofrenica e generatrice, con i suoi paradigmi educativi inadeguati, di un drammatico fenomeno di disagio giovanile, qui capace di scavalcare la finzione filmica per ancorarsi profondamente alla nostra realtà. Questa oscillazione tra la necessità di essere irregolari a tutti i costi e una disperata ricerca del proprio posto nel mondo viene rappresentata attraverso dialoghi brillanti, esilaranti e che riescono a tenere alto il ritmo della narrazione anche nelle scene in cui, di fatto, quasi nulla sembra accadere.

credits Taxidrivers
Se i momenti più riusciti sono quelli che si sviluppano nello spazio famigliare, tra genitori insofferenti per l’inettitudine della figlia minore e una figlia maggiore divorziata e con una bambina altrettanto problematica, ugualmente esilaranti e grottesche sono le messe in scena in esterno, durante le quali la protagonista è costretta a confrontarsi con altri strani figuri appartenenti alla propria o ad altre generazioni. Benedetta Porcaroli interpreta con grande efficacia il personaggio di Amanda, che si affianca agli altri protagonisti di questa realtà insieme assurda e verosimile, tra i quali troviamo anche un’ottima Giovanna Mezzogiorno e l’esordiente Michele Bravi.
A voler essere pignoli, si potrebbe forse osservare che a lungo andare il caos esistenziale della giovane protagonista rischia di esaurire l’intero racconto, soffocando il contorno e limitando la prospettiva, ma sono solo piccole mancanze per un film capace di individuare con tale precisione un fenomeno di disagio sociale che non sarebbe eccessivo definire massivo, attuale e generazionale.
Letizia
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