Lo scorso weekend abbiamo visitato Centrale Fies per il festival di Performance Art “Live Works”, giunto alla sua decima edizione. Un’immersione in un ambiente che esplora e sfida i confini del performativo, approcciando criticamente tematiche sociali e politiche attraverso la performance.”


Centrale Fies, centro di ricerca per le pratiche performative contemporanee a Dro (TN)
Centrale Fies, centro di ricerca per le pratiche performative contemporanee a Dro (TN). Ph. Luca Chistè

Appena svoltata la curva, scorgo una torretta dall’estetica medievale. Potrebbe sembrare un castello, ma sono certa che quello di Drena si trovi più in alto. Rallento, metto la freccia e parcheggio poco prima di un ponte – ahimè non levatoio – che conduce a questo luogo vagamente fiabesco. Tre stendardi appesi alla facciata mi danno il benvenuto con una frase enigmatica: “This could be the spell” (questo potrebbe essere l’incantesimo).

Lo slogan, la location, il font gotico utilizzato per la grafica del logo… tutto contribuisce alla creazione di un alone di magia. Mi chiedo, entrando, quali saranno gli incantesimi a cui sarò sottoposta durante questo weekend. Un incantesimo, secondo l’Oxford Languages Dictionary, è qualsiasi esperimento cui si attribuisca il potere di proiettare magicamente il reale in una dimensione sovrannaturale o inconsueta. Rileggendo questa definizione, non la trovo poi così distante da quella di una qualsiasi azione artistica. Anch’essa potrebbe essere definita un incantesimo: un prelevare input dal “reale”, dalla rete di fatti, sensazioni, ricordi, per poi farli a pezzi, rielaborarli e riproporli assemblati con prospettive e sensibilità diverse.

Performance The One who leaves is not gone a centrale Fies. Performer Thalia Pigier è seduta su un piccolo carrello e abbtaccia una pianta di Monstera. Aeroplanini di carta colorati sono sparsi sul palcoscenico.
The One who leaves is not gone di Thalia Pigier. Ph. Andrea Nicotra

Mentre colleziono all’entrata i miei braccialetti che serviranno da pass, assisto ad una breve conversazione tra una ciclista e una giovane volontaria del festival. La passante, a cavalcioni della sua bicicletta, chiede incuriosita e palesemente perplessa di che cosa si tratti questo evento. La sua confusione non sembra diminuire all’arrivo della risposta: è in atto un festival di Performance Art. Il suo sguardo è chiaro: questa definizione non le dice nulla. Noto che anche la sua interlocutrice fatica a trovare le parole giuste per spiegare che cosa siano le Arti performative. Come biasimarla – penso io – mentre la mia mente tenta di formulare una definizione concisa e chiara per andarle in aiuto. Nonostante sia io stessa una performer, un’insegnante di arti performative e un’assidua fruitrice di queste, trovo difficile ridurre la complessità del mezzo in una singola frase. Mi rendo conto, in realtà, che la domanda “che cosa definisce le arti performative?” sia molto più interessante di ogni possibile risposta. Leggendo la descrizione del festival, noto – con piacere – che il quesito ricorrerà durante il weekend. L’evento sembra mirare infatti a contribuire all’approfondimento e all’ampliamento del concetto di performance, seguendo lo spostamento del performativo e delle sue cifre.

Ma cos’è Centrale Fies?

Come avrete probabilmente capito, questo luogo non è un castello, nemmeno un miraggio, ma una centrale idroelettrica a Dro (TN), costruita agli inizi del 900 e in parte ancora funzionante. Dal 2002, al suo interno Centrale Fies cura e propone molteplici proposte per riunire la cittadinanza locale, nazionale e internazionale attorno alle arti performative. Un’oasi artistica in mezzo alla natura dove ogni anno centinaia di persone si ritrovano per discutere e sviluppare temi urgenti, a volte difficili e scomodi, che spesso solo la sensibilità artistica può smantellare senza diluire, senza ridurre a luoghi comuni o discorsi banali.

Performance SLIT a centrale Fies.I performer Teo Ala-Ruona (FI) e Artor Jesus Inkerö vestiti con pantaloni e blazer grigi nascondono i loro volti. Il pubblico li circonda.
SLIT di Teo Ala-Ruona (FI) e Artor Jesus Inkerö (FI). Ph. Alessandro Sala

Arrivo a Centrale Fies il venerdì, primo giorno di “Live Works vol.10”, una free school for performance (scuola libera di performance) in cui una decina di artisti provenienti da tutto il mondo si ritrovano per presentare pubblicamente il loro lavoro. Con alcune eccezioni, gli artisti che presenteranno le performance questo weekend sono stati selezionati tramite bando pubblico circa 14 mesi fa. Centrale Fies ha messo a loro disposizione un budget di produzione, supporto teorico e curatoriale e un periodo di residenza durante il quale hanno avuto accesso agli spazi della centrale per sviluppare un nuovo lavoro performativo. I fellow artists che quest’anno si esibiranno sono: Bassem Saad (LB/DE) e Sanja Grozdanić (DE), Yoojin Lee (KR/UK), Eoghan Ryan (IRE/NL/BE), Alice Giuliani (IT/BE) e Camilla Strandhagen (NO/BE), Teo Ala-Ruona (FI) e Artor Jesus Inkerö (FI), Thalia Pigier (FR), Endi Tupja (DE/AL) e Soukaina Abrour (IT). Il programma, curato da Barbara Boninsegna e Simone Frangi, include anche tre discussioni aperte al pubblico, performance di artisti invitati, DJ set e una mostra.

Il festival ha un’impronta politica e curatoriale chiara, come si nota già dalle proposte della Lectures series che aprono ogni giornata – in cui temi quali colonialismo (anche italiano), femminismo e studi sulla razza riappaiono più volte approcciati da diversi punti di vista. Interventi davvero importanti e di grande qualità che suggeriscono uno sguardo inevitabilmente critico, il quale influenzerà il mio approcciarmi alle performance che vedo in seguito.

Lecture Series a Centrale Fies. Sinthujan Varatharajah presenta la sua ricerca. L'immagine di un aereo che decolla vicino ad una spiaggia è proiettata alle sue spalle. Il pubblico seduto ascolta attento.
Lecture di Sinthujan Varatharajah. Ph. Andrea Nicotra

Anche queste hanno impronte politiche chiare, per quanto diverse: propongono questioni di genere, anarchia, discriminazione, malattia e relazioni simbiotiche con altri organismi. In generale i lavori performativi dei fellow artists appaiono più come studi che opere concluse, seppur alcuni più acerbi e fragili di altri. Questo non mi stupisce considerando che il festival viene definito scuola di performance. Trovo le ricerche presentate interessanti, ma la maggior parte delle restituzioni performative sono particolarmente serie, a volte prive di una leggerezza necessaria per trattare tematiche complesse. Mi domando se questa gravità percepita sia lo specchio del panorama sociopolitico contemporaneo che abitiamo, un segnale della difficoltà di prenderci meno sul serio quando attorno a noi le certezze si sgretolano. Mi appunto mentalmente queste domande, e andrò poi a riprenderle e spacchettarle una volta concluso il festival.

Performance Circle A a Centrale Fies. 
3 performers vestiti con shorts in jeans e felpa nera con cappuccio stanno in equilibrio su una gamba. La performance si svolge all'aperto di notte.
Circle A di Eoghan Ryan. Ph.Alessandro Sala

Noto con piacere che quest’anno il festival offre la possibilità al pubblico di selezionare il costo dei singoli biglietti, scegliendo tra 4 opzioni: Esplora (5€), Apprezza (10€), Ama (15€) e Sostieni (20€). Non sono stupita dall’introduzione della politica del Pay-as-you-can, già incontrata negli ultimi anni in molti altri eventi artistici in Europa, anche a Fies. La trovo infatti coerente con l’ethos del festival e perfettamente in linea con l’attenzione dell’organizzazione all’accessibilità.

Domenica sera, mentre attraverso il ponte sul Sarca per tornare alla macchina, mi volto per un’ultima volta e guardo gli stendardi illuminati dai fari. I festival di performance sono momenti intensi, viaggi in altre dimensioni dove il tempo sembra fermarsi, dove è possibile immaginare un futuro basato sulla collettività, il rispetto e la condivisione. Rileggo ancora una volta la frase “This could be the spell” e mi chiedo: che sia stato solo un incantesimo?

Ma non finisce qui!

Se dopo aver letto questo articolo siete intristitə all’idea di dover aspettare un intero anno prima di poter visitare Centrale Fies, non disperate! Dal 14 al 16 luglio, Centrale Fies ospiterà “Feminist Futures”, festival curato da Barbara Boninsegna e Filippo Andreatta. Per concludere la stagione estiva, dal 21 al 23 settembre potrai godere di “Enduring Love”, che vedrà la partecipazione di noti artisti del panorama performativo italiano. Un programma che crea non poche aspettative e sicuramente da non perdere!

Cliccate qui per saperne di più!
E se ve lo foste persə, potete anche dare un’occhiata ad un articolo che avevamo già scritto qualche anno fa su Centrale Fies.

-Laura

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