Vi è mai capitato di avere quell’insegnante con I maiuscola, il professore che ti fa proprio da lanterna nel buio, quello che sa risvegliare in te la meraviglia e la curiosità… Sì, lo so, in teoria tutti i professori dovrebbero essere così, ma ce ne sarà sempre uno che, anche solo con una frase, ti influenzerà per tutta la vita.

folgorazioni figurative
La locandina della mostra Folgorazioni Figurative

E se per Pier Paolo Pasolini quell’insegnante è stato Roberto Longhi,  per me lo è stata la mia insegnante di storia dell’arte del liceo, senza di lei probabilmente non sarei qui a scrivere ora perché solo grazie a lei è sbocciata la mia passione per l’arte.

La mostra di Bologna mette a confronto tutte le influenze artistiche che si possono ritrovare nelle opere di Pasolini, e diventa un po’ un gioco a riconoscere rimandi e somiglianze.

Mi sono ritrovata molto negli interessi artistici di Pasolini: gli artisti rinascimentali, Caravaggio, i Manieristi, fino ad arrivare a Morandi e Bacon… posso dire che, come per lui, anche per me sono punti fermi della mia formazione.

Prendo in causa proprio i pittori della maniera, che in un primo momento non riuscivo proprio ad apprezzare, era difficile per me non attribuire l’accezione dispregiativa che inizialmente aveva il termine “manierista”, ovvero, in parole povere, copioni dei grandi del Rinascimento.

Ma ecco la mia cara Prof. che prontamente scaccia via questi pregiudizi mostrandoci degli artisti contemporanei che, proprio come i Manieristi, in qualche modo riprendevano artisti passati, citandoli ma anche dissacrando il loro lavoro, quindi inventando nuove prospettive, e infine ci mostrò Bill Viola, il primo artista vivente per cui ricordo di aver mostrato sincero interesse, celebre proprio per aver dato vita ad opere rinascimentali e manieriste.

dipinti e fotografie a confronto
Opere d’arte a confronto

Da quel momento la storia dell’arte per me ha preso la forma che gli dà per primo proprio Roberto Longhi, non più una cronologia lineare ma una spirale: l’arte guarda e riprende dal passato, è influenzata da esso ed è ciò che permette l’innovazione nel futuro.

Di fatto, quelle di Pasolini, non sono semplici citazioni ma punti di partenza per reinventare nuovi immaginari, lo conferma anche uno dei curatori della mostra, Roberto Chiesi, dicendo:

“Il cinema di Pasolini si nutre della passione per la pittura in modi differenti, prendendola come riferimento per composizione di immagini e di scene o per i costumi. Ma forte è soprattutto la presenza della luce, delle variazioni cromatiche, che convocano sempre il passato, che diventa una presenza viva e nutriente”

Le folgorazioni figurative e il realismo del cinema pasoliniano

Dalle variazioni cromatiche alla varietà umana è un attimo, ed è infatti il realismo dei volti dei suoi attori ad animare, insieme ai dipinti, le Folgorazioni Figurative di Pasolini, regista certosino e puntuale studioso della teoria della settima arte, appassionato allievo di Chaplin, Dreyer, Ejzenstein, ma anche profondamente innamorato della bruta semplicità dei suoi attori non professionisti, normalissimi esseri umani capaci di filtrare la realtà cinematografico-narrativa attraverso la propria, dura quotidianità.

Questa commistione di vite, come spesso osservava Pasolini stesso, dava voce e corpo a un’ulteriore versione del mondo, sintetizzabile in nulla di diverso dal film in sé, allo stesso tempo chiuso nella sua tangibilità e libero nella sua astrazione, dotato di tutto il potenziale necessario per elevarsi a verità, fotografia di una condizione umana o sociale vera e genuina.

fotografie e dipinti
Pasolini a lavoro; a fianco alcuni esempi dei dipinti cui si è ispirato

«Io amo il cinema perché con il cinema resto sempre al livello della realtà», aveva dichiarato in un’intervista a Filmcritica, riferendosi non soltanto al cinema neorealista, ma anche e soprattutto all’epoca del muto, quando alle immagini veniva affidato l’arduo compito di esaurire l’intera forza comunicativa del mezzo, nutrendo, non a caso, l’ipotesi del cinema come linguaggio universale.

Questa soglia tra particolare e universale, realtà e finzione sta alla base della scrittura e dei personaggi di Accattone e delle sue borgate romane popolate di povera gente, di Mamma Roma e della critica che muove all’inavvicinabile cultura borghese del tempo, persino di Comizi d’amore, film-inchiesta del 1963 nel quale Pasolini, con solo una camera, un microfono e un registratore, interroga persone d’ogni classe e levatura sociale per tutt’Italia su temi tabù come amore e sessualità, realizzando un prodotto che definire pionieristico per l’epoca sarebbe quasi un eufemismo.

Ma fare cinema usando «la realtà, per vivere al livello e al cuore della realtà», per comprenderla e renderla a sua volta accettabile, intellegibile, non è forse già di per se una rivoluzione di paradigma che pochi, forse nessuno, nel cinema e fuori di esso, è ancora riuscito a portare a termine?

Sveva e Letizia

Ps. per tutte le info sulla mostra Pier Paolo Pasolini: Folgorazioni Figurative ti invitiamo a consultare il sito dedicato

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