Tornano gli appuntamenti del m(arte)dì, la rubrica dedicata ad artisti, curatori e divulgatori culturali. Oggi vi presentiamo Marco Tabilio, il disegnatore che grazie a un toccante fumetto dedicato all’Alzheimer è riuscito a vincere Strike 2021. È stato proprio in occasione di Strike che abbiamo conosciuto Marco e abbiamo subito pensato potesse essere un ottimo esempio da presentare in questa nostra rubrica.
Grazie ai suoi progetti, Marco è riuscito a stupirci e a farci commuovere e oggi vogliamo che anche voi proviate queste emozioni.
Ciao, Marco! Iniziamo da qualcosa di semplice: chi sei? Cosa fai nella vita? Perché hai deciso di dedicarti all’arte e, nello specifico, al fumetto?
Mi chiamo Marco Tabilio e faccio il disegnatore e l’autore. Le cose che produco sono fumetti, illustrazioni, animazioni e grafica.
Mi è sempre piaciuto disegnare e ho seguito questa strada. Ci è voluta una dose di incoscienza per decidere, dopo il liceo, di “fare arte”. Ma ne è valsa la pena: mi piace il mio lavoro e sono contento di come va.
Cosa provi quando ti dedichi alla tua arte? Come ti aiuta?
Come ho appena detto, mi piace il mio lavoro. Ma capita solo a volte che disegnare sia un’attività serena. Innanzitutto perché ne ho fatto un lavoro e quindi ho scadenze e consegne da rispettare. E poi perché penso che il lavoro creativo è un alternanza di euforia e frustrazione. Se sei troppo in pace, non produci e magari fai una passeggiata all’aperto. Anche essere troppo giù non aiuta la creazione. Ci vogliono entrambe le condizioni, così il pistone va su e giù e si fanno le cose!
Questa cosa per esempio non vale per la musica, una passione che è il mio rifugio: là ci trovo solo gioia ed energia… come detto, è perché non la faccio di mestiere.
Quali temi tratti maggiormente e perché? Quale obiettivo vuoi raggiungere con i tuoi progetti?
Mi rendo conto che negli ultimi tempi la comunicazione di temi sociali e scientifici attraverso il disegno è diventata una delle mie attività principali. Le ultime storie a fumetti parlano del dolore fisico (Ahia! Un fumetto sul dolore / Aua! Ein Comic über Schmerzen, fumetto divulgativo fatto con Eurac Research di Bolzano) e degli ecosistemi oceanici (Tirocinio marino. Il viaggio in mare di Polpo e Oscar, realizzato con “DireMareFare – Festival degli Oceani” di Trieste).
Inoltre da qualche anno racconto l’Alzheimer attraverso fumetti, cartoni animati e laboratori.
La sfida di chi racconta temi complessi con mezzi pop è quella di essere leggeri e profondi allo stesso tempo: la parte informativa non deve mangiarsi una storia avvincente – per me è importantissimo! E viceversa, non si deve banalizzare il contenuto informativo, bensì raccontarlo in modo semplice e coinvolgente.
Nel caso dell’Alzheimer, l’obiettivo dei miei progetti è diventato qualcosa di più dello scopo comunicativo di ogni singolo progetto; ho aderito allo sforzo condiviso da molte persone di rendere le comunità sempre più responsabili e inclusive rispetto alle persone con demenza. Accogliere le persone in posizione di svantaggio è una cosa che fa bene a tutti.
Tenendo presente anche della tua esperienza a Strike, sapresti dirci quali sono i progetti a cui sei più legato e di cui vai più fiero? Perché?
Dicevo all’inizio del rapporto non sempre sereno con il lavoro creativo… come molti mi saltano agli occhi subito i difetti di un progetto concluso. Perciò corro il rischio della banalità e provo a cavarmela con: “Il mio progetto più bello è quello che non ho ancora fatto”. E qui ci mettiamo qualche emoticon, nell’ordine: faccetta che ride, faccetta gialla con ghigno orizzontale, germoglio di piantina di fagioli che viene fuori da una zolla.
Come vedi il rapporto tra giovani e cultura oggi?
Mi sa che da qualche tempo è concluso il mio passaggio ai “non più giovani”. Ho trentacinque anni, che è il limite di età della maggior parte delle proposte istituzionali fatte “ai giovani”. Perciò sento di dovere rispondere dall’esterno. La risposta onesta è che non conosco molto la generazione dei ventenni. Ci sono un sacco di forme e mezzi nuovi, forniti dall’universo digitale, che nascono e muoiono in velocità. Vedo cose belle, vedo cose strane e interessanti che forse capirò in futuro, vedo cose brutte.
Mi piacciono i progetti creativi e i lavori culturali con le persone al centro che provano a rompere strutture, diffondere bellezza e unire la gente.
Non mi piacciono le forme culturali esclusive e certificanti l’appartenenza a maggioranze di potere, le forme di interazione mercificate e la comunicazione brusca, aggressiva e cattiva.
Quale consiglio ti sentiresti di dare a un* giovane artista che, come te, vuole dedicarsi al mondo del fumetto e dell’illustrazione?
Disegnare tanto. Non accontentarsi né bearsi di quello che si è fatto. Provare a superare il progetto concluso con quello che si sta iniziando. Curare la tecnica mettendola al servizio del messaggio. Essere gentili. Bere acqua e mangiare tanta verdura.
È stato un piacere per noi poter scambiare qualche parola con Marco che grazie alle sue parole, ma soprattutto grazie ai suoi progetti, è riuscito a farci capire quanto l’arte possa essere d’aiuto nello spiegare alcune situazioni. Il fumetto e l’illustrazione possono unire le persone, avvicinarle e sensibilizzarle ad alcuni temi molto importanti, come quello dell’Alzheimer.
È sempre bello per noi sentire queste storie che fanno bene al cuore e che ti ricordano quanto il mondo sia pieno di bellezza.
Grazie Marco!
– Maria Chiara
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