Dal 13 ottobre scorso e fino al 12 marzo 2023, lo storico Palazzo Pallavicini di Bologna ospita una grande esposizione interamente dedicata al precursore della pittura metafisica, Giorgio de Chirico. Patrocinata dalla Regione Emilia-Romagna, la mostra De Chirico e l’oltre. Dalla stagione “barocca” alla neometafisica (1938 – 1978) comprende oltre settanta opere provenienti dalla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico di Roma e ricostruisce due importanti momenti della pittura dechirichiana: la stagione “barocca” e quella “neometafisica”.
Se la fase metafisica (1910- 1930) e neo-metafistica (1968-1978) sono quelle che normalmente vengono illustrate con sufficiente pressapochismo e aridità dai polverosi libri di storia dell’arte, il barocchismo dechirichiano fa riferimento a un periodo artistico (1938-1968) forse poco noto al grande pubblico, ma imprescindibile per una conoscenza completa del complesso percorso pittorico dell’autore.
In pieno accordo con la filosofia post-moderna, nella quale l’«l’io» è sempre «un altro» e il significante pittorico è metafora di un «altrove» da interpretare secondo criteri molto distanti dall’immediata logica del realismo, il titolo dell’esposizione menziona un «oltre» dell’atto pittorico, sintesi di una poetica impegnata a cercare metafore e simboli all’interno e al di là della natura stessa.
In tale prospettiva vanno dunque concepite anche le opere barocche, che dietro il loro apparente naturalismo sono già meta-fisiche (cioè al di là della natura), rappresentano quindi quell’oltre della natura che nel fenomeno-natura non è possibile vedere. In mostra sono presenti una serie di immancabili autoritratti, come il famoso Autoritratto nudo del ‘45 e l’Autoritratto nel parco con costume del Seicento del‘56. Qui l’artista si misura con le geometrie perfette dei maestri rinascimentali, dichiarando il suo esplicito e volontario anacronismo rispetto ai dogmi del suo tempo e rivelandosi come primo artista post-moderno.
Nelle stesse sale pervase da una penombra misteriosa e senza soluzione di continuità, troviamo anche i più noti dipinti dell’epoca neometafisica, tra i quali spiccano le numerose rielaborazioni di Le muse inquietanti e le varie Piazze d’Italia, con le loro forme assurde, i più incredibili enigmi visivi e le prospettive impossibili. Ad attraversare l’intera esposizione ritorna poi, come un fantasma onnipresente, l’enigmatico volto di una donna dai capelli biondi e dagli occhi castani: si tratta di Isabella Pakszwer, seconda moglie, nonché musa e manager del pittore per buona parte della sua vita. Nel suo sguardo, come nelle storture delle geometrie e nell’apparente irrazionalità delle forme umane e oltre-umane a guardar bene si potrà scoprire, forse, quel «dèmone che si nasconde in ogni cosa».
-Letizia
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