Torna #Affacciati con un’intervista dedicata a un musicista. Oggi scambiamo quattro chicchiere con Tullio Garbari, pianista professionista che nel corso della sua vita si è spostato tra il Trentino e l’Austria.
Abbiamo parlato di un bel po’ di argomenti, dalla musica classica fino all’educazione alla musica. Curiosi? Allora continuate a leggere 😉
1. Dicci qualcosa su di te: chi sei? Cosa fai? Come ti sei avvicinato al mondo della musica e com’è nata la passione per il pianoforte?
Mi chiamo Tullio Garbari, ho 38 anni e di lavoro faccio il pianista collaboratore al Conservatorio di Innsbruck. Nella vita ho fatto molto altro, spaziando su molti campi (per esempio, ho anche una laurea in matematica), ma col passare del tempo e dopo aver preso varie scelte, ho capito che la musica, e in particolar modo la didattica della musica, era un ambito che mi piaceva e dove potevo proporre al meglio capacità professionali.
Al pianoforte ci sono arrivato attraverso una reazione a catena casuale cominciata quando ancora ero alle scuole elementari: grazie all’intraprendenza di mia madre che mi ha proposto prima di cominciare una scuola di musica e poi di prendere lezioni private di pianoforte presso una docente sua conoscente. Naturalmente la scelta di continuare è stata molto meno casuale, e la decisione di farne un aspetto centrale della mia vita è arrivata molto tardi, quando ormai ero già ben oltre i vent’anni di età.
Molto di recente mi sono anche reso conto che tutto quello che ho accantonato per dare spazio al pianoforte continua in realtà a piacermi moltissimo, e quindi spero di avere sempre la possibilità, nel futuro, di dedicarmi anche a tante altre cose.
2. Durante il tuo percorso quindi ti sei spostato tra Trentino e Austria. Hai notato delle differenze? Quale percezione hai del panorama musicale trentino?
Le differenze sono enormi, ma sarebbe un po’ troppo semplice affossare il nostro panorama provinciale ed esaltare l’ambiente austriaco. Una prima differenza è il livello della formazione: all’interno degli istituti di alto livello si trovano grandi talenti che vengono richiamati a studiare in Austria da tutto il mondo – per esempio, alcuni miei compagni di studi sono al momento tra i più grandi solisti al mondo. Gli istituti spingono per avere i docenti migliori e fungono da grandi centri dell’ambiente musicale mondiale, cosa che in Italia non avviene, nemmeno nelle grandi città.
Differenza ancora più importante è la percezione del musicista, che in Oltralpe è un lavoro a tutti gli effetti – mentre qui continua ad essere visto come un hobby. Per un giovane musicista, oltre a più rispetto, ci sono anche molte più opportunità, frutto di un sistema che, oltre che godere di finanziamenti decisamente più corposi, può appoggiarsi su un pubblico molto più disposto a spendere per la cultura – e questo si riflette sia sulla presenza di pubblico che sul prezzo dei biglietti, che riescono ad essere un’importante voce nei bilanci delle imprese culturali, con grandi benefici per tutti.
Per esempio, un musicista intraprendente che offre un prodotto di qualità, può affidarsi al pubblico e ai biglietti per finanziare la sua orchestra o il suo coro o la sua stagione concertistica, senza dover necessariamente passare per i finanziamenti pubblici e i giochi politici che ne conseguono. Nella mia percezione, questo meccanismo domina l’ambiente trentino e porta a un deleterio immobilismo, in cui spesso non è la qualità del musicista a decidere chi lavora e chi no, ma la capacità di farsi amico questo o quell’altro assessore; e che scoraggia chi vorrebbe proporre concerti di qualità ma si scontra con le difficoltà organizzative e la mancanza di fondi.
È comunque anche importante e doveroso ricordare che in Trentino ci sono realtà di livello eccellente, sia come organizzatori che come musicisti, e che anche in Austria ci sono personaggi di livello molto discutibile; alla fin dei conti, come si dice, tutto il mondo è paese.
3. Che rapporto hai con la musica classica? Quali sono i tuoi compositori di riferimento?
Professionalmente mi dedico solo alla musica classica, e anche come mia inclinazione resta la mia passione principale, ma ho suonato anche musica pop e rock, e credo che ogni musicista classico dovrebbe farne la conoscenza (oltre che naturalmente il contrario);
Credo che la musica sia un’unica forma di espressione, e che conoscere più linguaggi possibile sia importante per un musicista. Trovo divertente anche la musica cosiddetta commerciale, ma non vi svelerò la lista dei miei guilty pleasures…
Le mie scelte di ascolto si intrecciano anche molto spesso con le esigenze professionali e con la curiosità di scoprire musica nuova, il mio più recente Spotify Wrapped era una macedonia senza capo né coda. Sicuramente ho delle predilezioni, anche tra i compositori di musica classica, ma la lista è veramente troppo lunga per queste righe.
Mi affascina molto il fatto che la musica classica ci riesca a raccontare molte cose, anche senza avere un testo; che ognuno ci possa sentire un po’ quello che vuole, e che si debba fare uno sforzo creativo per arrivare alla comprensione.
4. “Tullio Garbari” è un nome familiare a noi di Afroditelo. Non è che c’è qualche collegamento tra te e l’artista di Pergine Valsugana?
Sì, c’è, perché si tratta di mio prozio, fratello del nonno paterno – che naturalmente non ho mai conosciuto personalmente, essendo lui morto a Parigi nel 1931. Credo che proprio in suo onore mi sia stato dato questo nome, anche se io ho sempre cercato di liberarmi dal paragone. Conosco a grandi linee la sua vita e la sua opera, grazie a una ricerca portata all’esame di terza media (a cui mi ero presentato sventolando un’enorme copia a grandezza naturale di un suo dipinto), ma il collegamento artistico si è fermato là.
[Ndr. Per saperne di più, vi riproponiamo il Capitolo 9 di Polenta di Storie, la rubrica di racconti sugli artisti trentini. Premi qui.]
5. La domanda che non può mancare e che facciamo a tutti i nostri ospiti: come vedi il rapporto tra giovani e cultura oggi?
Mi occupo di una branca della cultura che viene definita “musica da vecchi”, e credo che se vogliamo occuparci di questo stereotipo dobbiamo prima di tutto accettare che sia vero; lo è per ragioni sociali, per ragioni “di moda”, ma anche per altri motivi.
Sicuramente la fruizione della cultura è legata al contesto sociale in cui essa avviene: si va a concerto non per puro amore della musica, ma per far parte di un certo gruppo, che condivide certi passatempi che sono anche simbolo di un certo status (sia di classe sociale che generazionale). Naturalmente ho un’idea della musica classica, e in generale della cultura, un’idea molto diversa, e so anche di essere in minoranza.
Mi è stato recentemente detto che sono stato fortunato ad essere stato esposto in età molto giovane a cose belle e di valore; è vero, ma non ci avevo mai pensato – è stato merito della mia famiglia, ma anche di alcune bravissime maestre elementari. Sarebbe bello che questa possibilità fosse data a tutti i bambini: che fossero esposti e invitati ad interagire con opere di letteratura, pittura, musica, teatro, lasciandoli liberi di giocarci, senza incasellarle nella loro corrente artistica e senza farne materia scolastica da studiare. Io, poi, ho sempre detestato le varie storie dell’arte, storia della letteratura, storia della musica, in generale tutto quello che spiega un’opera artistica senza dare priorità alla fruizione diretta dell’opera stessa.
Credo che educare i bambini all’arte e a dar spazio a quello che l’arte può dire loro (o anche a quello che loro stessi possono esprimere tramite l’arte) sia forse il modo più efficace di superare il più grande ostacolo tra i giovani e la cultura, ovvero la percezione che la cultura sia una cosa “da nerd” – concedetemi questo termine, giusto per capirsi.
La mia speranza è che nei ragazzi nasca la passione per qualcosa di bello prima che, in mancanza di altro, si mettano a cercare quello che è “figo”, ma superficiale.
Un grande grazie a Tullio Garbari per questa intervista e per i bei punti di riflessione che ha lasciato 🎶
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