Cari amic* di Afroditelo, quest’oggi per la rubrica cinema recensirò “Les Amandiers”, settima pellicola di Valeria Bruni Tedeschi, affermata regista francese e sorella dell’ex-première dame Carla. Presentata al 75esimo Festival di Cannes, l’opera rappresenta uno stralcio auto-biografico della cineasta, ambientata durante gli studi al “Théâtre des Amandiers” a Nanterre negli anni ’80.

La storia è incentrata su un gruppo di studenti aspiranti attori intenti a fare un provino per entrare nella suddetta scuola. La scelta della Bruni è ricaduta su un cast poliedrico e variopinto su cui proiettare la propria esperienza di vita, e rafforzata dall’ “affidare” la direzione della scuola a Patrice Cheréau, mentore e maestro dell’autrice nella vita reale, interpretato dall’ex compagno Louis Garrel.

Il teatro stesso costituisce la colonna portante dello storytelling, albero maestro sulla via della vita che fugge alla costante ricerca di significato, in equilibrio costante tra vita e morte.

L’incessante fluire di primi piani sui personaggi, accompagnato dal ritmo di Tchaikovskij e dalla melancolica wave musicale francese anni ’80, costituisce la lente d’ingrandimento dell’autrice sui profondi drammi individuali dei personaggi. Questi vengono decantati con rara goliardia e spensieratezza sul terreno liminale che divide il teatro dalla realtà.

Non meno impattanti risultano i focus ambientali, caratterizzati da una fotografia satura e poco vivida, che attorniano con una nota vintage le vicende dei protagonisti. La liaison tra Stella, giovane ed inquieta borghese interpretata da Nadia Tereskiewicz, ed Etienne, talentuoso e tormentato attore affetto da traumi edipici e di mascolinità tossica, sino a Pierre Romans, disilluso direttore del teatro alle prese con la tossicodipendenza e con una perenne fuga dal reale.

Durante il film la giovane compagnia si cimenta nelle prove del Platonov, opera drammatica di Cechov e background in cui Garrel, severo ed esigente direttore d’orchestra, si erge a guardiano del fragile equilibrio delle vicende giovanili, minacciate da eventi catastrofici come la piaga dell’AIDS e Chernobyl. Tuttavia, la cifra stilistica del film gode di una atmosfera quasi zen, benché all’indomani del cambiamento epocale post-cortina di ferro, che rende questa pellicola una soave e candida istantanea di giorni di un futuro passato.

La dipartita annunciata di Etienne, che ha ormai imboccato il tunnel delle droghe senza alcuna via d’uscita, è il corrispettivo della morte di Platonov, peraltro da lui stesso interpretato, storicamente impermeabile alle manifestazioni affettive delle sue spasimanti e destinato a una deriva di morte nichilista e istrionica.

Le fughe in Alfa, le corse sfrenate nel Louvre in pieno stile Bande à part e gli amori fugaci sono solo un lontano ricordo ed evocano ancor più il peso di dover portare l’opera Cechoviana dinanzi al pubblico. Non senza tentennamenti e timori, come mostra la disperazione di Stella che è l’emblema della fine di un idillio e presagisce l’inizio di un nuovo ciclo storico.

Les Amandiers merita all’unanimità il premio della critica per una narrazione genuina e priva di romanzesco, degna del concorso per la Palma d’oro. Sicuramente non deluderà gli amanti del cinema d’autore.

– Pasquale

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