Porpora Marcasciano, storica attivista trans, importante figura del movimento italiano dai suoi esordi all’interno dei collettivi degli anni ’70 ad oggi, attualmente presidente del MIT. La project room del MAMbo ha accolto i disegni realizzati dall’attivista, nella mostra “Non sono dove mi cercate” a cura di Michele Bartolino, giunta al termine lo scorso 8 gennaio.
In occasione di questa esposizione, Porpora chiede esplicitamente al dipartimento educativo del museo di creare un progetto che potesse coinvolgere i licei artistici di Bologna. Due classi del liceo Arcangeli sono state quindi invitate al MAMbo per un percorso suddiviso in tre momenti, il primo è stato dedicato ad un’introduzione all’immaginario degli anni ‘70 e ‘80, prendendo in esame anche opere della collezione permanente. Nel secondo appuntamento, i ragazzi hanno avuto l’opportunità di sentire le storia di Porpora e dei suoi lavori raccontata dall’attivista stessa, parole che riporterò in questo articolo. Un incontro finale si svolgerà poi in classe dove saranno i ragazzi stessi a produrre degli elaborati che racchiudano l’esperienza e i temi trattati.
Quella diversità che da fastidio
“A me fa molto piacere incontrare giovani perché quando ho fatto tutto questo avevo la vostra età”
Esordisce così, Porpora Marcasciano, già facendo capire che avere quei ragazzi di fronte ha grande valore.
Inizia a raccontarsi partendo dai suoi disegni, lavori che credeva di aver perso nei suoi viaggi – in cui, dice, per fortuna non si è persa sé stessa- ma che alla fine ha ritrovato sua madre in soffitta, chiusi in una cartella per circa trent’anni.
L’attivista ammette di non aver mai definito i suoi disegni opere d’arte e tanto meno lei si è mai sentita artista, e qui fa emergere quella sensazione di inadeguatezza, di non sentirsi all’altezza che l’ha accompagnata in tutto ciò che ha vissuto. Sicuramente questo sentimento è qualcosa che i ragazzi a cui parlava potevano capire, chi non si è sentito così soprattutto negli anni adolescenziali?
Porpora a questo punto si allaccia facilmente al racconto dei suoi anni di scuola, in particolare l’anno 1973 in cui lei dice di aver preso coscienza di sé e del mondo.
Quando mia mamma andava a parlare con gli insegnanti a scuola tutti le dicevano: “ha un certo non so chè che da fastidio”
La diversità è qualcosa che viene subito percepita, si hanno come dei marchi identificativi, e Porpora ricorda come in quegli anni le accuse di essere gay si trasformassero in minacce di dover lasciare l’istituto. Quando si è diversi si avverte sempre il rischio e l’ostilità da fuori, dice, e allo stesso modo di come ricorda gli anni di scuola racconta anche della sua recente aggressione, subita nelle spiagge dell’Abruzzo, dimostrando come, nonostante gli anni passati, le persone e le menti non siano cambiate.
Rabbia che diventa arte
Creare un gruppo, fare amicizia con altri “stravaganti” è stata la salvezza della giovane Porpora, che si ritrova a legare con questi ragazzi hippie che andavano in giro con un furgone colorato e le fanno scoprire nuova musica. Da qui viene introdotta allo Studio Uno Underground, dove nonostante l’iniziale imbarazzo sente di essere a casa e dove inizia a scoprire i disegni psichedelici che poi lei stessa produrrà.
Accompagnata dalla musica di David Bowie e dei Jefferson, che presto divennero la colonna sonora di tutta la sua vita, Porpora inizia a sperimentare nella sua cameretta. I primi disegni venivano fatti tramite un particolare metodo: usava in cartoncini bianchi che venivano bagnati di diluente e su cui passava e muoveva pagine di giornali e riviste che avevano immagini e colori che la colpivano, rilasciandone quindi le tinte, in alcuni casi selezionava delle immagini che strofinando riusciva ad imprimere sul cartoncino intriso di diluente, ad oggi l’attuale carta stampata non permette questo processo.
Successivamente con la penna bic nera ricavava dei disegni che esprimevano i sogni di un diciassettenne che voleva viaggiare in altri mondi e galassie.
“All’epoca non mi rendevo conto di cosa veniva fuori, seguivo una sorta di istinto, ma guardandoli ora vedo una sorta di viaggio nell’inconscio, perché ritrovo simboli che rispecchiavano la me di quel periodo, quell’età dell’inquietudine e della grande creatività.”
Porpora racconta che quando sono stati riesumati i quadri, quello che veniva fuori era la descrizione di non una ma diverse epoche e stili che hanno attraversato quegli anni.
Dai disegni emergono anche delle scritte, un esigenza di mettere per iscritto quello che le passava per la testa, ciò che sentiva o leggeva, rendendo quei disegni una sorta di diario, dove traspariva quella rabbia giovanile che si è trasformata in creatività, e qui invita i ragazzi a far venire fuori quella rabbia e quella insoddisfazione per canalizzarla nella loro arte.
L’attivismo oggi
Quando le viene chiesto che valore ha l’attivismo oggi, Porpora, che ha alle spalle cinquant’anni di attivismo, afferma con franchezza che l’attivismo è stato fatto entrare in una sorta di parcheggio. Ad oggi, dice, più che attivisti bisogna essere attenti e attivi, cittadini e cittadine coscienti, è necessario guardarsi intorno e informarsi, bisogna essere in grado di leggere la realtà in modo critico e consapevole.
Quando ha iniziato a militare nei movimenti rivoluzionari la comunità LGBT era ancora tutta da costruire, non c’erano i termini e definizioni, hanno dovuto inventare nomi, significati e significanti. L’attivista inoltre ricorda che tuttora viviamo in un mondo patriarcale con le sue leggi e impalcature sociali, quindi quello che si raggiunge e conquista non è scontato mantenerlo, perché è come se venisse continuamente inglobato in quella che canonicamente è ritenuta la “normalità”.
Nonostante i ragazzi si siano fatti frenare dalla timidezza e hanno posto quindi poche domande, Porpora si rivolge a loro con grande speranza:
“Il mondo ci sta sfuggendo da sotto i piedi e sarà la bellezza e ridarcelo, non la bellezza classica bensì la bellezza delle cose. Costruire la bellezza è arte, voi in quanto studenti di arte e in quanto giovani, dovete essere costruttori di bellezza, in questo momento critico credo sia responsabilità di tutti costruire bellezza e intelligenze.”
Spero che l’intervento di Porpora sia stato illuminante tanto quanto lo è stato per me, o quantomeno spero di avervi fatto riflettere sulle sue parole. Se non conoscete molto la figura di questa importante attivista e siete curiosi di scoprire di più su di lei, vi consiglio due film che approfondiscono la sua storia e non solo: “Porpora” e “Le Favolose”.
– Sveva
Ps. Se vuoi saperne di più su Porpora, ti segnaliamo anche un’illuminante intervista-podcast condotta nel 2021 da un gruppo di adolescenti bolognesi (coordinati da Radio Alta Frequenza) nell’ambito del progetto culturale Impronte Digitali: clicca qui per ascoltare la prima parte 🎤🎧
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